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Omaggio fotografico ad Antonio Gramsci



Scrivere un breve testo sulla figura di Antonio Gramsci potrebbe apparire un mero esercizio di ricostruzione storica, vista la mole di studi compilativi sulla sua vita personale e politica, sulla sua attività di giornalista militante dell’Ordine Nuovo e gli studi ideologici controversi e contradditori sugli scritti raccolti nei voluminosi Quaderni. In realtà questo compito è tutt’altro che semplice.

La figura di Antonio Gramsci è una delle più complesse nel panorama storico del ‘900, sia per il suo attivismo e protagonismo politico di respiro internazionale (e internazionalista) sia per la sua complessa (ed  implicitamente determinante) realtà personale, che alla sua immagine ideologica, politica ed intellettuale, fa da sfondo e da basamento.

La nostra mostra su Gramsci, ha voluto mettere in risalto il momento forse più conosciuto della sua vita, quel lasso di tempo scelto dalla magistratura fascista, che nella memoria collettiva determina il suo ricordo, il periodo di carcerazione. Prigionia emblematica e detenzione esemplare.

Ma il rapporto tra Gramsci e le “galere” è un rapporto che precede questo periodo storico.

Gramsci nasce imprigionato in una galera. La prigione della sua malformazione fisica, che sin dalla prima infanzia determina il suo sviluppo intellettuale ed umano. Le pagine delle sue biografie ci restituiscono un clima familiare incredibilmente “moderno” davanti alla sua difficoltà, che cerca in tutti i modi di lenire il suo dolore e il dolore della sua diversità. Ci restituisce l’immagine di un bambino con uno sviluppo diverso che gioca, sin dove può, fisicamente con gli altri, ma che immediatamente aguzza l’ingegno, creando barche di carta, di canne: piccole opere di ingegneria di cui andava fiero, per trasportare i suoi compagni di gioco in giochi meno fisici e a lui più affini. Giochi di perfezionismo meccanico a cui dedicava ore, e che affinavano le sue capacità di costruzione e ricostruzione, che in seguito avranno un ruolo fondamentale nei suoi studi storici e politici.

Un bambino caparbio, deciso a correggere in tutti i modi la sua malformazione, tanto da costruire con le sue mani dei pesi e dei manubri, con cui fare ginnastica, per rafforzare la sua debole struttura fisica.

Con quella forza di volontà che lo resse in piedi sino all’ultimo giorno.

Le pagine sulla sua infanzia ci restituiscono l’immagine di un bambino dedito allo studio, prigione volontaria, scelta, in cui si rinchiuse quasi immediatamente, giovanissimo. Prigione dorata che dava sollievo al suo corpo e nutriva la sua mente.

Un bambino che non si arrendeva alla sue limitazioni fisiche, ma cha allo stesso tempo, in età molto giovane, sviluppo questa passione viscerale per lo studio, a cui si dedicava con metodo, e disciplina per molto tempo, spesso prediligendolo alla compagnia dei suoi coetanei e fratelli, un bambino che cercava fortemente una sintesi organica tra le sue limitazioni fisiche e la sua grande capacità conoscitiva. Uno sguardo al mondo già olistico, sincretico, organico della persona come mente e corpo.  È in questo frattempo, nei giorni dei giochi, degli allenamenti correttivi e delle prime pagelle, nel momento forse più delicato della sua crescita, che avvenne il primo, vero incontro con la prigione reale: la detenzione di suo padre, accusato di illeciti sul lavoro.

Momento che determina per la famiglia una nuova prigionia, quella sociale.

La famiglia si ritroverà a dover affrontare un cambiamento del suo status sociale, con la mancanza del reddito paterno si ritroveranno a vivere in una condizione se non di miseria, di ristrettezze che colpiranno in modo maggiore proprio Nino, situazione che quasi gli occluderà la possibilità degli studi. Forse fu in questo momento che in Gramsci nacque un vero e proprio sentimento di rivolta, come lui stesso disse: “perché non potevo studiare, io che avevo preso dieci in tutte le materie nelle scuole elementari, mentre andavano il figlio del macellaio, del farmacista, del negoziante in tessuti…”. Gramsci dopo la prigionia del suo corpo, sperimenta la prigionia sociale data dalla mancanza di denaro.

Nonostante gli sforzi immani di sua madre che, sola, riuscirà a sostenere la famiglia dignitosamente, questo fatto incrinerà l’immagine paterna agli occhi di Gramsci.

Il rapporto tra Tonino e il padre sarà sempre un rapporto difficoltoso. Negli anni dell’università torinese, vissuti con necessità intellettuali fortissime, ma ancora più concrete necessità economiche e fisiche, la loro relazione sarà sempre all’insegna delle richieste perentorie del figlio, e della non sempre presente risposta del padre. Le lettere alla famiglia di quel periodo sono espressione di una grande fatica derivata dagli studi, dove per amore della glottologia patisce il freddo in cappotti non adatti al freddo piemontese e la scarsa alimentazione. I capricci e le provocazione di un poco più adolescente verso la famiglia, sono le rimostranze di un giovane determinato a migliorarsi intellettualmente che mal accetta lo status di studente fuorisede indigente. Negli anni a seguire il concetto di prigionia economica rinvigorirà la sua filosofia di giustizia sociale e la sua visione di una società differente. A Torino la sua militanza ideologica diventerà la sua ragione di vita.

Qui diventerà giornalista militante, qui prenderà contatti con il proletariato di fabbrica, qui maturerà la sua strategia politica, mentre in Russia Lenin prendeva il potere e la nuova Russia usciva dal primo conflitto mondiale, dichiarandosi contraria ad un conflitto che poneva i lavoratori di diversi stati gli uni contro gli altri su un terreno di guerra.  Situazione inconcepibile per i socialisti che ritenevano i lavoratori un’unica classe internazionale, legata da rapporti di fratellanza e solidarietà. La vicinanza alla linea russa porterà all’evasione dalla prigione dorata del PSI, da cui con uno strappo storico nel 1921, dichiarandosi completamente estraneo alle dinamiche riformiste, da lui vissute come la gabbia, la prigione che fermava l’avanzare della coscienza proletaria.

La sua storia politica proseguì come rappresentante del PCI in URSS, dove si sposò ed ebbe due figli da una musicista russa, di cui era innamorato e affascinato: “ho molto pensato a te, che sei entrata nella mia vita e mi hai dato l’amore e mi hai dato ciò che mi era sempre mancato e mi faceva spesso cattivo e torbido”.

Fonderà l’Unità e ritornerà in Italia protetto dall’immunità parlamentare. Verrà qui arrestato nel 1926 accusato di attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e incitamento all’odio di classe. Non rivedrà mai più i suoi figli.

La sua attività in prigione sarà quella di scrivere. Scrivere e studiare. Studiare, commentare, ricostruire ininterrottamente. Gramsci dentro una prigione scrive migliaia di pagine, necessarie, influenti, protese a rompere il sistema che all’interno di quella prigione lo aveva rinchiuso.

Dalla produzione di questi anni emerge la figura di un uomo integrale. Un uomo convintamente sicuro della sua scelta di vita militante, convinto delle sue posizioni davanti alla storia, dotato di una sensibilità umana, e di una coscienza e autocoscienza altissima. Profondo conoscitore della storia, conosceva sé stesso profondamente: “La  coscienza che io stesso ho di essere, in questi anni, diventato più “libresco, di assumere talvolta un tono predicatorio e da maestro elementare”. Per lui, filosofo della prassi, era un limite. Per questo continua ad informarsi sulla vita all’esterno, legge numerosi testi, cataloga appunti, scrive lettere e critiche anche rivolte all’esterno. Cerca incessantemente il confronto intellettuale.  Ha bisogno della sua famiglia, sempre stata presente nella sua vita, chiede la presenza del loro affetto con necessità forte. Soffre di non poter conoscere la dialettica della vita dei suoi cari, lui antideterminista e profondamente convinto dello sviluppo e della storia dello sviluppo anche personale, sprona i suoi figli allo studio, al gioco, alla conoscenza. Ma anche all’affetto. E sente profondamente la loro mancanza, il suo non poter essere presente durante la loro crescita.

“ .. una sola fotografia dà un’immagine fissata una volta per sempre. Una serie di fotografie permette di ricostruire, in certi limiti, una personalità in isviluppo, cioè la reale personalità.”

Sente la solitudine e ne soffre. Emerge quella che lui stesso in alcune lettere chiama nevrastenia. È burbero, di difficile avvicinamento anche dai suoi stessi compagni. Preferisce studiare, cerca di rendersi ancora utile, sceglie di chiudersi in una sua prigione dentro la prigione. S’isola nella sua cella singola, privilegio concesso dal suo carceriere di fama che gli fa arrivare anche testi speciali, vietati.

Cerca ancora di essere utile. Nel ruolo assegnatogli dalla sua grande capacità di studioso. La teoria dell’intellettuale organico rispecchia pienamente tutta la vita di questo monumentale personaggio. “Non c’è attività umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale, non si può separare l’homo faber dall’uomo sapiens.” Essere intellettuali per Gramsci significava vivere il proprio tempo, in maniera organica all’emancipazione dell’uomo integrale, in difesa delle classi subalterne. Significava lavorare per stabilire una nuova forma di relazione che permettesse il recupero dell’essere per sè stessi, in sè stessi e nel mondo come fondamento del cambiamento del corso storico, non più da subire passivamente e come non protagonisti della storia, non più vivibile come subalterni. Compito degli intellettuali è dirigere con responsabilità questo processo. Cercherà di farlo dal carcere. In un certo qual modo, lo farà nonostante la morte.

Gli ultimi quattro anni della sua vita li trascorrerà in una prigione dorata, nella clinica dove troverà la morte nel 1937.

Sovrapporre parole e immagini legate a Gramsci alle foto di un carcere dismesso e apparentemente legato al passato, porta a la mente al pensiero dell’eternità della pena e della privazione della libertà. Diventa un archetipo, legato alle paure più grandi, quelle della stabilizzazione fisica in un unico luogo murato, blindato, non avvicinabile, spersonalizzato e distruttivo. Fa emergere nell’intimo la coscienza che il valore assoluto della mobilità del proprio corpo, della privazione dell’emotività dei passi decisi anche solo per caso e, in questi luoghi, predisposti in un perimetro di solitudine nella moltitudine, di silenzi che si confondono ai comandi, alle urla e alle parole di compagni più o meno occasionali, di sguardi attoniti, guardinghi, spaventati o sfidanti, si percepiscono gli esercizi di potere, in pochi metri quadri. Eterni come eterna è la dialettica tra il dominatore e il dominato, tra la guardia e il detenuto, tra la legge e il trasgressore, tra chi comanda e chi subisce. Tra l’ingiustizia e la giustizia.

Si ritorna al dovere-diritto del sorvegliare e punire, ai dei delitti e delle pene, si ritorna al valore sociale della pena e al peso individuale della colpa. Qualunque essa sia.

E Gramsci diviene il simbolo stesso del disvalore del luogo. Lui che aveva proposto come fondamento rivoluzionario il concetto di egemonia, sapeva bene che il valore repressivo e restrittivo di alcuni luoghi non poteva sradicare le ragioni più profonde che muovono comportamenti e idee che si oppongono al sistema.

Sapeva bene che per poter creare un sistema accettato socialmente l’unico modo per raggiungere l’obiettivo era quello di persuadere con il consenso, con l’educazione, con la cultura. Diffondere idee e azione non repressive, lavorare alla costruzione progressiva e organica di una nuova forma di relazione sociale: l’uomo nuovo, non più sfruttato e non più sfruttatore.

Le mura hanno potuto trattenere il suo corpo, là dove la malattia giocava da abile alleata, ponendolo in uno stato d’inferiorità. Quelle mura hanno trattenuto quest’uomo in una condizione fisica non attiva e non partecipativa ai fatti della storia che gli competevano, per sua storica scelta e immensa capacità. È stato trattenuto.  Ma non è stato possibile confinare la sua instancabile ricerca di conoscenza intellettuale ed umana, non è stato possibile perimetrare la sua influenza nella società sia dell’epoca che nei decenni a seguire. Non è stato possibile trattenere e contenere la sua capacità dialettica.

Non è stato possibile esiliarlo dalla storia. FILOSOFO, POLITICO, SCRITTORE.

Antonio Gramsci

UOMO

(la storia)